martedì 16 aprile 2013

Padre Giovanni Cavalcoli, in un articolo pubblicato qualche giorno fa su Riscossacristiana, rifletteva sulla situazione del Papato, tanto da intitolare questo suo scritto “Forza e debolezza del Papato”. Dopo aver fotografato una gravissima frattura all’interno della Chiesa, tanto da parlare di una “Chiesa nella Chiesa”, l’una governata dal Papa e dai vescovi a Lui fedeli in linea con la Tradizione e l’altra Chiesa formata da vescovi “di marca modernistico-protestante-massonica”. Sostanzialmente eretici. Il problema, almeno per me, piccolo e ignorante cattolico, è quella di distinguere le due chiese. E, soprattutto, la difficoltà di andare incontro ad un clero sì eretico, ma comunque sempre clero. Non avendo grandi capacità intellettive e, tantomeno, spirituali, la paura di incorrere anche io in abbagli di fede (quindi sostanziali) è altissima. Padre Cavalcoli, analizzando la situazione del Papato, scrive: “Il Papato con Paolo VI non è più Cristo che guida le folle, che compie prodigi, che corregge i discepoli, che caccia i demòni, che minaccia farisei, sommi sacerdoti e dottori della legge, ma è Cristo sofferente, “crocifisso e abbandonato”, inascoltato, disobbedito, contestato, beffato, emarginato, angosciato.” Mi viene da pensare: perché Pio IX, Leone XIII, san Pio X, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII non sono stati contestati, inascoltati, disobbediti, beffati, emarginati e angosciati? La differenza è che allora certe defezioni erano all’esterno della Chiesa, non all’interno come oggi. Almeno non nella misura spaventosa cui oggi assistiamo. Dove nasce allora la differenza? Dalla violenza del mondo? Non credo. Dalla scelta che consegue alla modalità in cui si intende il ministero petrino (di cui oggi temiamo ulteriori involuzioni)? Più probabile a mio avviso. A tal proposito Padre Giovanni Cavalcoli prosegue la sua riflessione parlando del nuovo Papa, Francesco I, e della scelta di questo nome. E scrive: “la spiritualità francescana evidentemente è innanzitutto propria del frate francescano e pertanto insiste sulle virtù tipiche del religioso: la povertà, la mitezza, l’umiltà, la docilità, la pazienza, la penitenza, la dolcezza, la misericordia. Però, in questa spiritualità non appare evidente un altro essenziale aspetto della condotta cristiana, soprattutto quella che spetta ai superiori: la vigilanza contro il nemico, la forza nello scoprirlo, nel combatterlo e nel vincerlo, il far sentire ai ribelli la forza della legge, l’energia nel disciplinare e saper tenere unito il gregge di Cristo e difenderlo dai lupi, l’autorevolezza che all’occorrenza sa incutere timore nei ribelli e negli arroganti, la forza per difendere i deboli contro gli oppressori, il tutto certo nella massima carità, ma appunto la carità stessa chiede, come insegna il Vangelo e testimoniano i Santi, il saper intervenire con forza quando occorre. Tutte queste doti si addicono in modo particolare al Papa e sono state proprie di tutti i grandi e santi Pontefici della storia. Certo il Papa dovrebbe poter disporre di questo potere, ma se non ce l’ha, che gli resta? Quello di soffrire sulla croce.” Profondamente d’accordo sulle diverse caratteristiche che competono al Papa, piuttosto che al frate, e all’attenzione che bisogna fare per non confondere i due ruoli. Perché, eretici a parte, è profondamente cattolico, squisitamente cattolico, il ruolo di custode della fede, condanna dell’errore, forza e coraggio nello stanare l’errante e nella difesa fiera e gagliarda del popolo di Dio; tutti ruoli che al Papa competono. Padre Cavalcoli in conclusione si domanda “il Papa dovrebbe poter disporre di questo potere, ma se non ce l’ha, che gli resta?” e io, inquieto, mi domando: come il Papa non ce l’ha? E chi ce l’ha allora? Se non Lui, chi? Non sarà, forse, che non lo vuole usare (non so trovare motivi validi) proprio in “virtù” di quella mutata concezione (mediatica, ma non cattolica) del ministero petrino cui dicevamo sopra? Forse il problema sta proprio tutto lì. Sembrerà banale, ma dopo decenni di privazioni, di rinunce delle peculiarità del ruolo di Successore di San Pietro, la mancanza dell’esercizio di questi carismi unici, che solo il Papa può esercitare, nessuno (nemmeno tutti i vescovi e cardinali) all’infuori di Lui, ha portato a trovarci in questa situazione caotica e decrepita cui continuamente assistiamo (magari dietro i fasti e i patetici entusiasmi figli di un discutibile sposalizio tra la Chiesa, la mondanità e la mediaticità). Abbiamo bisogno di un Papa che faccia il Papa. Con piglio sicuro, deciso. “Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare” [1Pt 5,8] A un leone così agguerrito e terribile solo un altro leone, il Papa (che ha dalla sua Gesù Cristo) può tenere testa.

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