sabato 1 giugno 2013


In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
[Lc 9,11-17]

A volte non servono tante parole per spiegare immensi misteri. Essi non si riescono a comprendere nella loro totalità, ma possiamo coglierne sempre nuovi aspetti, senza dimenticare quanto acquisito precedentemente. Così per il Santissimo Corpo e Sangue di Gesù Cristo. Esso è un dono così straordinario, immenso, di fronte al quale le parole lasciano spazio all’adorazione. Solo una buona adorazione impedisce di ridurre e tradire questo Santissimo Sacramento. Per lanciare un fascio di luce su questo santissimo mistero, squisitamente cattolico, mi avvalgo delle parole del Cardinal Giuseppe Siri, tratte da una delle lettere pastorali rivolte alla Diocesi di Genova: “In questo sta la sostanza conseguente della Santa Messa. Essa è anzitutto sacrificio, poi mensa ed è mensa solo perché prima è stata sacrificio. Errano pertanto coloro i quali vedono nell’altare soltanto la «mensa» della Cena divina; è certamente «mensa», ma perché prima è stata vera «ara» del Sacrificio.” [card. G. Siri – Ritorno alla Santa Messa]

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