lunedì 2 settembre 2013


Questo ragazzo ha perfettamente ragione. Se non fosse che in un passaggio si è sbagliato. Quando egli sentenzia che tra tutti gli esseri umani, “neanche uno si è salvato”. Se questo fosse vero, come egli sostiene, tutto il resto del suo ragionamento, sarebbe più che legittimo. E tutto non avrebbe senso. Invece, essendo sbagliata quell’affermazione, tutto il resto del suo discorso crolla. Il problema però, è che la notizia, l’evento che rendo infondato il suo ragionamento, non c’è più nessuno che l’annuncia. Che Gesù Cristo è risorto, si è salvato, è tornato definitivamente dalla morte, nessuno più lo dice. I giornalisti di Gesù si preoccupano solo quando qualche prete durante l’omelia annuncia il tradimento della propria vocazione o quando il Papa non fa il Papa ma qualsiasi altra cosa. Dei preti non ne parliamo. Per loro Gesù è un pretesto per parlare di sé, di politica, di qualsiasi cosa tranne che di quello che Gesù ha comandato che si parli. I cattolici, un po’ anche incolpevolmente, vanno dietro ai loro pastori. E allora non sanno più in che cosa credono e sparano una serie imbarazzante di idiozie. La questione è vitale. Il protagonista del film L’arte di cavarsela non ha torto quando si domanda “Perché passare la vita a lavorare, sudare e affannarsi?” Qual è il senso della vita? Perché devo vivere? I giovani, che non sono idioti che danno retta a canuti vescovi sculettanti sulle spiagge brasiliane, si pongono le domande fondanti l’esistenza. Certo è che se le risposte gliele forniscono certi personaggi e chi a loro si ispira, c’è poco da star tranquilli e c’è da essere d’accordo con i giovani che, perso il senso ultimo delle cose, puntano tutta la loro esistenza, scommettono tutta la loro vita, sulle cose di questo mondo. E non c’è da stupirsi che poi impostino la loro vita sulla ricerca smodata del successo, del profitto e del godimento. Se la vita è solo e soltanto questa e il fine è viverla pienamente, perché non viverla al massimo del successo, guadagnano quanto più possibile e godendo senza remore? Se il fine della vita non è altrove, giustamente gli esseri umani (giovani o adulti che siano) lo cercano tra le cose di questo mondo. Ma il menu che il mondo può offrire, quello contemporaneo soprattutto, è abbastanza limitato e squallido. La soluzione c’è. Qualcosa (e Qualcuno) per cui valga la pena vivere c’è. Ma nessuno ce lo dice, nessuno ve lo dice cari giovani. È troppo facile sparare a zero su di voi (e io lo faccio spesso, ma anche per altri motivi). Meno facile è prendersela con chi davvero detiene la responsabilità del decadimento morale e sociale che stiamo vivendo. La vita ha senso solo se fondata su Dio, ma non su uno dio qualunque della serie “basta che ce ne sia uno”, come i preti di oggi vi dicono. No! Ma sul Dio che si è incarnato in Gesù Cristo. Che è nato da Maria Vergine, ha patito, è morto ed è risorto. Che un uomo sia risorto, per non morire nuovamente, cambia. Allora acquisisce senso lavorare, sudare e affannarsi. Senza Dio, senza Gesù Cristo, la vita non ha una meta, un fine, un senso. Se non ce l’ha glielo attribuisco io. Io mi faccio dio. E allora diventa legittimo anche vivere per godere. Poi quando ci si rende conto che il sesso non appaga l’uomo, questi dispera. Diventa legittimo vivere per diventare l’uomo più potente. Se non ci si riesce ci si dispera nella mitica ricerca di superare chi ci sta davanti. Se ci si riesce ci si rende conto che anche sullo scranno più alto del mondo si hanno gli stessi problemi di un uomo semplice. Così per il denaro e per tutto il resto. Solo Gesù Cristo rende sensata la vita e la toglie dall’insensatezza alla quale sarebbe destinata. Si conosca Gesù Cristo, si faccia lo sforzo di non accontentarsi della patetica e ridicola caricatura che ci viene proposta. Lo si segua. Scommettendo tutto quel che si ha e tutto quel che si è. Il mondo riderà e questo recherà sofferenze. Non lasciamoci abbattere e scoraggiare dalle sofferenze. Non cerchiamogli palliativi. Ma, nelle piccole cose, non necessariamente nei gesti eroici, beviamo anche noi il calice amaro del dolore, del fallimento, della tristezza. Bevendone un po’ noi lo risparmieremo ad altri e questo si chiama Amore. Bevendone un po’ noi daremo senso alla nostra esistenza. E, non ultimo, ci guadagneremo la vera vita. La vita eterna. Il premio promessoci. Che esiste, anche se nessuno ce ne parla più.

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