sabato 21 dicembre 2013

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
[Mt 1,18-24]


Quando accade qualcosa nella nostra vita subito, comprensibilmente, ne andiamo a cercare le cause, le origini. Un po’ per curiosità, un po’ perché vogliamo manipolare e controllare quanto succede nella nostra vita. Se è qualcosa di buono e bello, vogliamo controllarlo e ripeterlo ogni qualvolta lo vogliamo. Così la fede si prostituisce e si trasforma in magia. Se ci è capitato qualcosa di male, vogliamo controllarlo per eliminarlo ed evitare che capiti nuovamente. La fede qui si tradisce e si trasforma in scaramanzia. In un senso o nell’altro noi non siamo liberi. Schiavi delle nostre paure o delle nostre certezze. La salvezza, la gioia, il bene deve passare lì dove noi abbiamo deciso debba passare. Possiamo anche essere sommersi di grazie, ma se non hanno la nostra certificazione di conformità alle nostre aspettative, le ignoriamo e le rigettiamo. Così con il male. Siamo schiavi di tanti terrori che non abbiamo la maturità, la fortezza, di portare una ferita o una croce. Bombardati da annunci di fede come fossero slogan pubblicitari, che la vita è un susseguirsi di gioie e piaceri, alla prima cosa storta crolliamo e ci disperiamo. Il problema di fondo è che guardiamo il mondo con i nostri occhi, con le nostre certezze, sicurezze e paradigmi. Bisognerebbe essere onesti e accorgersi che non tutto quello che accade dipende da noi. Non siamo gli artefici del nostro benessere. Il bene, quello vero, così come l’amore, non possiamo darcelo da noi stessi. E allora bisogna avere gli occhi aperti, la capacità di stupirsi di un Dio che sceglie di farsi uomo. Bambino. Perché Dio non abbandona i suoi figli. Non sempre darà loro ciò che chiedono, ma spesso dà più di quanto potessero anche solo sperare. Il popolo di Israele voleva un re che li liberasse dal potere romano (per poi finire eventualmente sotto un altro potere anche peggiore). Dio gli ha mandato Suo Figlio per liberarli dalla schiavitù della morte e del peccato. Cos’è stato meglio? Il fallimento delle loro prospettive e speranze o l’avverarsi di ciò di cui, realmente, avevano bisogno?

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