martedì 10 dicembre 2013

Tuttavia resta fermo: la peculiarità della fortezza non è nell’assalto, non nella fiducia in se stessi, non nell’ira, ma nella resistenza e nella pazienza. Non per il fatto - e non si può ripeterlo troppo spesso - che pazienza e resistenza siano senz’altro migliori e più complete dell’assalto e della fiducia in se stessi; ma perché il mondo reale è costituito in modo tale che soltanto nel caso veramente estremo - il quale non lascia altre possibilità di opposizione se non la resistenza - suole palesarsi l’ultima e più profonda forza dell’anima umana. La struttura dei poteri di «questo mondo» è di tale forza che la perseveranza, non l’assalto iroso, è l’ultima prova decisiva della vera fortezza; la sua essenza non consiste altro che in questo: amare il bene e realizzarlo di fronte all’offesa e alla morte, senza lasciarsi deviare verso qualche concessione. Una delle caratteristiche fon­damentali di questo mondo, gettato nel disordine dal peccato originale, consiste in ciò, che la supre­ma forza del bene si mostra nell’impotenza. E la parola del Signore: «Ecco io vi mando come agnelli tra i lupi» (Mt 10,16) designa la situazione, ancor oggi attuale; del cristiano nel mondo.
[J. Pieper – La fortezza]


Siamo agnelli in mezzo ai lupi, molto spesso senza l’ausilio e la difesa dei pastori. Sono parole decise e illuminanti queste di Pieper che possono rappresentare un ausilio, una carezza, una parola di conforto, in tempi tremendamente difficili, per tutti noi cattolici. Dobbiamo avere fisso l’obiettivo: la difesa della fede cattolica, la difesa dell’unica vera fede, del Dogma, della verità: il Bene. Tutto il resto o vien da sé o è legna da ardere. Bisogna saper sopportare, con la forza della pazienza, le umiliazioni inflitte da tanti lupi travestiti da agnelli o da pastori. Bisogna aver la forza, a volte, di attaccare, ma non sempre, perché seppur dalla parte della Verità, Essa, il tempo di Avvento ce lo ricorda con semplicità disarmante, sceglie la via dell’impotenza. Dio si fa bambino, perseguitato anche Lui da Erode. Dai potenti del mondo. Poi perseguitato dai capi religiosi. Infine abbandonato dai suoi. Sotto la Croce rimasero solo Maria, altre donne, i soldati e Giovanni. La fedeltà a Cristo si manifesta anche nella logorante accettazione della tribolazione, perché come insegna la Dottrina cattolica, e unitamente ad Essa Romano Amerio: “Invece il dolore che è proprio rifiutato, rigettato in maniera rabbiosa, irata, è un dolore che non produce alcun effetto positivo per nessuno. È quindi la sola cosa al mondo che sia un puro male. Un male cioè che non ha nessun lato dal quale esso si possa prendere come bene.” La rabbia è tanta di fronte alle defezioni, agli abusi, ai tradimenti, le ipocrisie e le infamie. Ma la strada indicataci da Gesù Cristo non è quella della rivoluzione; Gesù non si mette a capo di una folla di esacerbati rivoluzionari: Gesù chiede, a quei pochi ancora sani non drogati dalla religione della mondanità fatta di gioie zucchero e caramelle, di portare con Lui la Sua croce. Senza cedimenti, senza cadere nella tentazione di desistere dalla buona battaglia, sposando concilianti e appaganti posizioni paracattoliche. Che il buon Dio ci mandi tanti cirenei, che magari anche senza saperlo, con la coerenza di fare quanto viene chiesto, senza le acrobazie dei voltagabbana, aiutino Cristo a portare la Croce. Perché anche questo è il nostro dovere verso il Bene.

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