lunedì 10 febbraio 2014

Come prontamente riportato dal blog Opportune Importune: “Il sondaggio che la Santa Sede ha mandato agli Episcopati ha messo in luce una situazione di eresia materiale nei fedeli: la maggior parte di essi crede ad una minima parte dei Dogmi cattolici e non pratica la Morale cattolica.” Questo è un fatto. Un dato oggettivo da registrare. Poi si possono discutere le cause e discutere le soluzioni da adottare (sempre se interessa trovare una soluzione a questo problema – sempre che lo si consideri un problema -). Io mi faccio una domanda, semplice semplice, che come tale so non riceverà risposta: cari santissimi pastori, siete in grado di fare un piccolo (non chiedo molto) esame di coscienza e un altrettanto piccola autocritica? La colpa di questa ignoranza dei cattolici di chi è? Del mondo? Perché il sondaggio, ricordiamolo, è stato sottoposto a persone che frequentano la Chiesa (o dopo la Messa o addirittura a membri dei consigli pastorali). Quindi persone che si professano credenti, che ascoltano la predicazione e che magari svolgono anche ruoli di educatori. Il risultato è una ignoranza della fede cattolica e una, inevitabilmente, condotta di vita non conforme all’insegnamento della Chiesa. Ora, si può supporre che queste persone abbiano conosciuto la fede cattolica o nel catechismo in preparazione ai Sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima e Comunione) da bambini o da adulti; o nei vari movimenti laicali ai quali hanno aderito; o nella predicazione settimanale e/o quotidiana della Santa Messa. Se il risultato è questo, non sarà da prendere in considerazione che si è fallito? Che il cambio di modalità dell’insegnamento della dottrina cattolica, da una dottrinale ad una esperenziale, è stato un autentico disastro? Siete intellettualmente onesti da ammetterlo? Ci avete provato (anche se era prevedibile l’esito), però ora ammettete che avete solo che combinato danni. Perché anche ammettendo il vostro ragionamento (secondo il quale l’importante non sarebbe conoscere la dottrina cattolica, quanto il fare esperienza di fede, di vita cristiana, di accoglienza, ecc) il risultato è ancora più clamorosamente contro le vostre teorie. Sì la gente viene in chiesa. I numeri sono anche dalla vostra parte. Ma i numeri, non le anime. Le cifre, non le persone. La gente va in chiesa perché crede o perché si trova bene? La gente va in chiesa perché sa in cosa crede o perché ci sono i suoi amici? Il primo obiettivo non è possibile anche perché non l’avete voluto perseguire, e i risultati di questi sondaggi palesemente lo dimostrano. Avete creato consumatori non fedeli. Avete trasformato la Chiesa in una SpA e in questi termini forse sì, avete un utile in attivo. Ma a livello di fede? Di salvezza delle anime? Perché i vostri consumatori non solo non credono ciò che la Chiesa crede e anche grazie a voi ha smesso di insegnare, ma nemmeno lo praticano! E non potrebbe essere altrimenti: come vivo qualcosa che non conosco? L’esperienza che avete fatto vivere loro si è rivelata per quello che era evidente fosse: una bolla di sapone. L’entusiasmo iniziale, del cosiddetto incontro con Cristo, ha lasciato il posto al vuoto di una fede che non ha una certezza su cui poggiarsi. Il disastro è evidente. Non possiamo poi lamentarci se il mondo va allo sfascio. Perché gli uomini che lo compongono, quei presunti credenti su cui poter fare affidamento, non sanno cosa la Chiesa insegna e non lo applicano. Non lo vivono. L’esperienza della fede si vanifica da sé stessa. E, da una parte, non avete insegnato loro ciò che la Chiesa crede negli anni del catechismo, quando forse chi si avvicina alla Chiesa è anche disposto ad ascoltare e imparare; dall’altra continuate a non farlo visto che l’importante è twittare, condividere esperienze, eccetera. Poi però questi uomini e donne, nel mondo, fanno quello che fanno gli altri uomini e donne. Una vita moralmente illecita e scandalosa.
Oggi queste parole non potrebbero essere scritte: “I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.” [Lettera a Diogneto]

Le crisi, come sempre, sono un momento favorevole per la conversione, ma solo se si riconosce di essere nella condizione di doversi convertire. Se si ha l’umiltà di aprire gli occhi, togliere le lenti dell’ideologia, e guardare il fallimento fin qui prodotto. Allora, e solo allora, si può ripartire. Altrimenti si continua verso il baratro. Ma, con onestà, lucidità e tanta amarezza, ce l’avete questa umiltà, questa capacità di abbandonare le vostre ideologiche certezze?

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