sabato 24 maggio 2014

Forma Ordinaria del Rito Romano

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

[Gv 14,15-21]

Forma Straordinaria del Rito Romano

Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato.
Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.
[Mc 16,14-20]


Arriva per i cristiani il momento della responsabilità. Gesù continua la sua opera di redenzione, ma la affida a quegli scapestrati degli uomini che siamo. E Gesù è sì consolante perché non ci abbandona e ci assicura lo Spirito Santo, ma è anche altrettanto duro e chiaro. Durezza e chiarezza che noi abbiamo perso e imperdonabilmente dimenticato. Da una parte Gesù espone, per l’ennesima volta, la diversità e la separazione netta che intercorre tra Lui e il mondo, che intercorre tra chi Lo segue e il mondo. Non può esserci accordo, non ci deve essere un dialogo reciproco: bisogna salvarlo il mondo. Chi dialoga con il mondo, chi sacrifica la propria verità sull’altare dell’uguaglianza delle religioni tradisce Cristo e non ama il prossimo. Solo chi lo ama, anche a costo dell’umiliazione, della persecuzione e della derisione gli annuncia Cristo. L’amore verso Dio non è un sentimento patinato da quella finta devozione caricaturale che ci immaginiamo. L’amore verso Dio – e quindi successivamente verso il prossimo – è un amore fatto di verità, di chiodi, di croci, di corone di spine e di carne segnata e svuotata dal sangue versato per chi si ama. Per questo per amare il mondo dobbiamo morire per esso, non salvare la vita. Per amare il mondo dobbiamo salvarlo. Non lo salviamo certo noi, con la nostre pochezza, lo salva Gesù Cristo. La salvezza realizzata da Cristo si realizza in noi nei sacramenti. E questi non sono accessori alla salvezza. Gesù nel Vangelo è categorico: chi crede e viene battezzato si salva, chi non crede e non viene battezzato viene condannato. So che è politicamente scorretto e fuori da ogni vocabolario del perfetto ecumenista, ma chi non crede viene condannato. E non lo dice qualche papa medievale, ma il Sommo Pontefice Gesù Cristo. Il Sacrosanto Concilio di Trento, quando ancora i concili parlavano con voce chiara e definitoria, scolpì nella roccia dell’eternità: “Se qualcuno afferma che Gesù Cristo è stato dato agli uomini come redentore, in cui confidare e non anche come legislatore, cui obbedire: sia anatema.” A Dio bisogna obbedire, non solo sperare e confidare in Lui. E nostro compito vitale è quello di annunciare il Vangelo, non di annunciare le nostre storie, le nostre esperienze e i nostri cammini di conversione. Dobbiamo annunciare la Verità: solo essa salva. Possiamo anche annunciare altro e ricevere l’applauso di un clero corrotto più dall’eresia che dal denaro o dal potere (per quanto fa più notizia quest’ultimo), ma siamo almeno consapevoli che così facendo non amiamo il mondo. Così facendo non amiamo il nostro prossimo.

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