lunedì 27 ottobre 2014




Questo uno degli interventi di mons. Mogavero a Ballarò (qui l’intervento completo). Appena l’ho ascoltato ho ripensato alle parole della Scrittura qui esposte dal card. Giacomo Biffi:

A prevenire ogni malinteso e ogni lettura accomo­dante l’Apostolo prosegue in un’analisi che impressio­na, formulata con termini insolitamente espliciti:
«Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Egualmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne» (Rm 1,26-28).
Infine san Paolo si premura di osservare che l’abie­zione estrema si ha quando «gli autori di tali cose [...] non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa» (Rm 1,32).
E una pagina del libro ispirato, che nessuna autorità terrena può costringerci a censurare. E neppure ci è consentita, se vogliamo essere fedeli alla parola di Dio, la pusillanimità di passarla sotto silenzio per la preoccupazione di apparire non “politicamente corretti".

Tre affermazioni

A ben guardare, troviamo in questa esposizione una triplice delucidazione.
In primo luogo, si condannano apertamente le prati­che erotiche in esame. Sono definiti «atti ignominiosi» (v. 27), «azioni indegne» (v. 28), frutto di «passioni in­fami» (v. 26).
In secondo luogo, contro la “cultura dell’omosessualità”, si osserva che l’aberrazione suprema si ha quando «gli autori di tali cose [...] non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa» (v. 32).
In terzo luogo, abbiamo qui una inattesa formulazio­ne di “teologia della storia”, che san Paolo ricava da ciò che è avvenuto nel mondo ellenistico: il dilagare della “ideologia dell’omosessualità” è al tempo stesso la prova e la conseguenza dell’esclusione di Dio dall’attenzione sociale e dalla assurda renitenza a dargli la gloria che gli spetta (v. 21).
Potremmo dire che, secondo questa prospettiva, la “ideologia della omosessualità” non è solo una colpa: è anche un castigo, il castigo inflitto a un’umanità che ha deciso di far senza il suo Creatore e di estrometterlo dai suoi pensieri. «Così hanno ricevuto in se stessi la retri­buzione dovuta al loro traviamento» (v. 27).

Una prospettiva oggi viva

Ciò che san Paolo rilevava come avvenuto nel mon­do greco-romano, si dimostra profeticamente corri­spondente a ciò che si è verificato nella cultura occi­dentale di questi ultimi secoli: il ripudio teorizzato del Creatore — fino a proclamare grottescamente, qualche decennio fa, la “morte di Dio” — ha avuto come conse­guenza (e quasi come intrinseca punizione) un dilagare di una visione sessuale aberrante, ignota (nella sua arro­ganza) alle epoche precedenti.

Un attentato alla libertà umana

L’ideologia dell’omosessualità — come spesso capita alle ideologie quando si fanno aggressive e arrivano a essere politicamente vincenti — diventa un’insidia alla nostra legittima autonomia di pensiero: chi non la con­divide rischia la condanna a una specie di emarginazio­ne culturale e sociale.
Gli attentati alla libertà di giudizio cominciano dal linguaggio. Chi non si rassegna ad accogliere la “omo-filìa” (cioè l’apprezzamento teorico dei rapporti omo­sessuali), viene imputato di “omofobia” (etimologica­mente la “paura dell’omosessualità). Deve essere ben chiaro: chi è reso forte dalla luce della parola ispirata e vive nel “timore di Dio”, non ha paura di niente, se non della “stupidità” nei confronti della quale, diceva Bonhoeffer, siamo senza difesa. Adesso si leva talvolta contro di noi addirittura l’accusa incredibilmente arbi­traria di “razzismo”: un vocabolo che, tra l’altro, non ha niente a che vedere con questa problematica; e in ogni caso è del tutto estraneo alla nostra dottrina e alla nostra storia.
Il problema sostanziale che si profila è questo: è an­cora consentito ai nostri giorni essere discepoli fedeli e coerenti dell’insegnamento di Cristo (che da millenni ha ispirato e arricchito l’intera civiltà occidentale), o dobbiamo prepararci a una nuova forma di persecuzio­ne, promossa dagli omosessuali faziosi, spalleggiati dai loro complici ideologici, col beneplacito di coloro che avrebbero il compito di difendere la libertà intellettuale di tutti, perfino dei cristiani?

Un silenzio ingiustificato

Concludiamo con una domanda.
Come mai in questo clima di esaltazione quasi osses­siva della Sacra Scrittura il passo paolino della Lettera ai Romani (1,21-32) non è mai citato da nessuno? Come mai non ci si preoccupa un po’ di più di farlo conoscere ai credenti e ai non credenti, nonostante la sua evidente attualità?
[G. Biffi – Dodici digressioni di un italiano cardinale]


Per non parlare del fatto che il Catechismo contempla gli atti omosessuali come il peccato impuro contro natura ed è uno dei quattro peccati che grida vendetta al cospetto di Dio. Sempre il Catechismo chiosa dicendo: “In nessun caso possono essere approvati”. Mons Mogavero è di un’altra opinione.

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